Non si finisce col fracassarsi il naso in terra perché si scrive, ma al contrario si scrive perché ci si fracassa il naso e non resta più altro dove andare. (A. Cechov)

lunedì 26 gennaio 2015

Intervista a Lorenzo Oggero, autore di Seduco dunque sono!

Ho conosciuto Lorenzo a un corso di scrittura e già dal primo istante mi sono resa conto che era passione quella che leggevo nei suoi occhi. Passione per le parole e per il loro giusto significato: un dono di pochi.
A settembre dello scorso anno ha pubblicato un libro, Seduco, dunque sono!, edito da FrancoAngeli.  Leggerlo è stata un'esperienza molto interessante e da qui è arrivata la mia idea di fare  questa intervista.
Ringrazio quindi Lorenzo per la pazienza e l'entusiasmo con cui abbiamo condiviso questo piccolo esperimento.


Lorenzo Oggero è consulente e docente di management nella'era delle risorse umane. Socio di Ariele, l'Associazione Italiana di Psicoanalisi, è autore di numerosi articoli e libri.


Direi di iniziare con la domanda che il lettore si pone appena prende in mano il tuo libro: perché Seducenza e non Seduzione?

Seducenza è una parola di derivazione francese. È sì l'atto della seduzione, ma concepita in modo diverso dal solito, in modo più ampio. Con Seducenza ci allontaniamo dalla componente cattolica della parola e quindi non ci limitiamo alla dimensione erotico-sessuale. Cerchiamo invece un modo possibile per eliminare il malessere relazionale. Dobbiamo imparare a declinare il nostro essere seducenti nella quotidianità. A questo proposito io l'ho chiamata Social -skill, ovvero una capacità del vivere sociale.

Quindi, in un certo senso, questo libro ha un rapporto con la società in cui viviamo...

Questo è ovvio. La modernità è liquida, come dice Bauman. Soffriamo della vischiosità dei vincoli e in tutto questo si situa l'importanza di disporre di una buona rete di relazioni. È un modo per sentirci più sicuri. E in quanto Skill, la Seducenza può essere appresa(e migliorata).

In che relazione metteresti il corpo con la mente durante l'atto della Seducenza?

La Seducenza è situazionale, non esiste una priorità. Quindi certe volte a prevalere è la mente, altre volte il corpo, fermo restando che in ogni caso il corpo è uno strumento di comunicazione molto forte, quindi indispensabile.

Veniamo al mio capitolo preferito, quello sulle aspettative. Perché consigli di separarsene? Ma sopratutto, come si può farlo?

Aspettare, dal latino expectare, guardare, significa stare con l'animo e la mente rivolti verso il futuro. Quindi le aspettative si pongono come un guardare all'Altro auspicando che si comporti come io desidero e auspico. Come affermo nel libro questo significa mettere il suo futuro in galera. C'è una componente di dominio che non può portare ad altro che all'infelicità sia di chi nutre le aspettative sia di chi le subisce. Ecco perché è necessario liberarsene. Come possiamo farlo? Con l'etero-centratura. Questo significa uscire da se stessi e comprendere l'altro. È una cosa che si può apprendere imparando ad ascoltare gli altri, osservandoli e decodificandoli, in definitiva. È un lavoro che richiede impegno e esercizio costante.

Per scrivere il libro hai scelto un linguaggio molto leggero, ironico. Quanto la leggerezza aiuta la Seducenza?

La leggerezza, quella che Calvino ci raccomanda nelle sue Lezioni americane, è indispensabile. La leggerezza è un valore e non un difetto. È il sollevarsi dalla pesantezza del mondo. Tra gli esempi di anti-seduzione alla fine del libro nomino proprio colore che non sanno cos'è la leggerezza. Questo perché essere leggeri è come salire su un elicottero e mettersi a osservare i propri  problemi dall'alto. Il mio linguaggio, qui, rispecchia la leggerezza della proposta.

Poni una domanda all'inizio del libro: Sei soddisfatto della tua capacità seduttiva? Tra i quadranti della matrice che proponi per leggersi in rapporto alla Seducenza appare anche l'Alieno, cioè colui che è disinteressato a sedurre. Consiglieresti comunque il tuo libro a questa categoria di persone e perché?

La prima cosa da prendere in considerazione è che il mondo non sta mai fermo. Ed è quindi impossibile rimanere fermi in un mondo in movimento. È importante definire rispetto a che cosa una persona può essere soddisfatta della propria capacità seduttiva. È difficile rimanere sempre nello stesso stato ed è invece legittimo modificare. È importante precisare che la matrice va letta nel tempo. 

Nel tuo libro parli, appunto, anche del tempo...

Bisogna innanzitutto distinguere tra Kairos e Chronos. Il Kairos è il momento giusto. Nell'antica Grecia è il momento di Dio. Mentre il Chronos è il tempo logico e sequenziale, il Kairos è il momento in cui accade qualcosa di speciale ed è qualitativo. Questo significa che non tutti i momenti sono uguali. Le persone, diceva Hillman, sono come libri: bisogna imparare a leggerli (etero-centrandoci) . Il tempismo si rivela un aspetto molto importante, quindi. Liberiamoci dalla foga e impariamo a evitare l'assalto delle parole con l'Altro.

Secondo te  quanta autostima occorre per la Seducenza?

La Seducenza è un processo circolare. Bisogna imparare a produrre desiderabilità nell'altro. Non c'è un prima o un dopo, ma una circolarità. Bisogna guardarsi: a una certa età ognuno ha la responsabilità della propria faccia. E bisogna imparare a capire che ognuno di noi è un pezzo unico. Un occhio che invece guarda dentro mentre l'altro guarda fuori significa inseducibilità.

Parliamo infine del cono della potenza seduttiva...

Di fronte alla Seducenza ci possiamo porre con diversi atteggiamenti psicologici. Prenderne coscienza significa non cadere nello stato psicologico dell'Impotenza, vale a dire ripetersi di non essere in grado di sedurre nessuno; significa non salire verso l'Onnipotenza, dimenticando la realtà e illudendosi di poter raggiungere qualsiasi obiettivo; significa  porsi invece in uno stato di Potenza, dove gli obiettivi sono realistici e si fa i conti con la realtà. Il seduttore, quindi, agisce nella propria area di Seducenza, cioè si concentra su ciò che è alla sua portata (non illudiamoci di poter sedurre Natalie Portman!) , prepara il terreno per la decisione che l'Altro prenderà nei suoi confronti. 









giovedì 15 gennaio 2015

Uomini e no, Elio Vittorini

C'è un uomo che nel 1944 è ricercato dalla polizia tedesca ed è costretto a rifugiarsi in montagna. Qui scriverà nell'arco di pochi mesi uno dei romanzi simbolo della Resistenza. Quell'uomo è Elio Vittorini e il romanzo è Uomini e no.
Uomini e no si svolge nell'inverno del 1944 a Milano. Protagonista è Enne 2, il capitano di un gruppo di partigiani, innamorato follemente di Berta, donna sposata che ricambia il suo amore, ma si trova costretta a negarglielo. Da questo amore negato prende avvio la storia tragica che porta il lettore nella cucina di Selva, a bere vino con Enne 2 e Berta; nelle camere d'albergo delle S.S., dove Figlio-di-Dio, infiltrato partigiano, progetta la fuga per i pastori tedeschi dei nazisti; nel cortile di san Vittore insieme al povero Giulaj, sbranato da questi stessi cani per vendetta. Infine tra Largo Augusto e Piazza Cinque giornate, dove i cadaveri di uomini, donne e bambini uccisi durante una rappresaglia vengono esposti alla folla, che non può far altro che piangere in silenzio. Ma anche piangere è sbagliato, ci dice Vittorini, perché  se piangiamo accettiamo, se piangiamo li perdiamo. E non bisogna accettare, non bisogna perderli. Che facciamo se piangiamo?, chiede  Enne2 a Berta. Rendiamo inutile ogni cosa.  È importante non dimenticare che i morti insegnano:insegnano quello per cui sono morti.
Elio Vittorini conduce la storia con uno stile da neoavanguardia, utilizzando le domande retoriche e le anafore per rafforzare le immagini. Una scrittura non convenzionale per l'epoca, che scaturisce da un preciso progetto dell'autore, sempre alla ricerca di una sorta di conciliazione tra la realtà e la letteratura. Ma questo non gli impedisce di essere estremamente simbolico: ad esempio nel rapporto tra Figlio-di-Dio e Blut, uno dei cani delle S.S., costretto a sbranare Giulaj  il venditore di castagne. Risulta estremamente  toccante  la  vergogna che il cane prova per la sua azione e che lo costringe a rifugiarsi sotto il letto. Non potrà più essere un cane dell'uomo, amico dell'uomo.  È qui che Vittorini si interroga maggiormente, chiedendosi se è nell'uomo quello che gli uomini fanno quando offendono. Chiedendosi se lo stesso Hitler, nelle circostanze stesse, con un Figlio-di-Dio per lui, e lui che si rendesse conto di quello che fa, e guaisse, corresse sotto un letto a gemere.
Particolari e molto incisive queste incursioni dell'autore, scritte in corsivo,  che sembrano quasi segnare un linguaggio della dissociazione e che mettono in evidenza le riflessioni dell'autore attraverso  il mondo interiore di Enne2, combattuto tra il suo lato umano, rappresentato sopratutto dall'amore doloroso e impossibile per Berta, e il suo lato combattivo, violento, da partigiano d'azione. Da questa  lotta chi risulterà sconfitto sarà comunque lo stesso Enne 2, che si lascerà morire nella sua camera, in attesa dello scontro con Cane Nero, che simboleggia il Nemico.
Pubblicato subito dopo la fine della guerra, nel 1945, Uomini e no è riconosciuto come uno dei primissimi romanzi a porsi domande sulla guerra, su  cosa sia giusto e cosa sbagliato. Su chi davvero siano gli uomini.

E su chi, invece, no. 



domenica 11 gennaio 2015

# 8

La passione di scrivere la vivo tra quattro mura e si esaurisce tutta nel piacere di raccontare senz'altro scopo che dar soddisfazione alla mia curiosità per le azioni degli uomini [...] 
Non mi chiedo né perché né cosa scrivo. Tante volte spero che "scrivere" sia la risposta a tutte le domande. Qual è la mia poetica? Scrivere.
( Vincenzo Cerami)




Foto: Francesco Romoli