Non si finisce col fracassarsi il naso in terra perché si scrive, ma al contrario si scrive perché ci si fracassa il naso e non resta più altro dove andare. (A. Cechov)

venerdì 24 aprile 2015

Pasolini e il Nuovo Potere- Parte 3

Pasolini e il Nuovo potere- Parte 1

Pasolini e il Nuovo Potere- Parte2

Ma non è un intellettuale rinunciatario e pessimista, Pasolini. Tutt'altro. Potremmo definirlo un vero e proprio combattente. La sua nostalgia, lo ribadisce spesso, non è un modo per bloccarsi e arrendersi, facendosi imbrigliare dalle trame del Potere. È piuttosto  una ricerca continua della strada per contrastarlo.  Con Petrolio ( ma già anche parzialmente con la Divina Mimesis e con Teorema) Pasolini cerca di trovare un sistema per forare la rete costruita dal Potere e che interviene nel campo specifico della Letteratura. Cerca di portarsi fuori dal paradosso tentando non di fare un romanzo che esca dagli schemi del romanzo, ma di creare qualcosa di nuovo, che sia quasi non riconoscibile come letteratura. Una forma, appunto:
«È un romanzo, ma non è scritto come sono scritti i romanzi veri[...]Ciò vuol dire che non ho fatto del mio romanzo un 'oggetto', una 'forma', obbedendo quindi alle leggi di un linguaggio che ne assicurasse la necessaria distanza da me, quasi addirittura abolendomi, o attraverso cui io generosamente negassi me stesso assumendo umilmente le vesti di un narratore uguale a tutti gli altri narratori»[1].
Questo uscire dal gioco della letteratura, utilizzando la parola diretta, ovvero una parola che sia pensiero e azione, una parola ancora forte, significa per Pasolini uscire dal gioco del Potere e renderlo così visibile. Riuscendo appunto a risolvere il paradosso.
Ma il segreto del Potere è anche nascosto nella violenza che caratterizza gli anni settanta italiani. Ogni atto criminale necessita di responsabili. Coloro che hanno contribuito, assecondando il Potere, che questo entrasse e cambiasse le menti della popolazione.  I cittadini italiani vogliono sapere, afferma: vogliono sapere la verità sui disastri edilizi, sui cosiddetti "golpe"fascisti, sui ruoli del Sifar e del Sid, della Cia e della Mafia. E le vogliono sapere, aggiunge, tutte insieme. Ed ecco che quindi scrive "Il processo", dove condanna coloro che hanno governato il Paese dal dopoguerra al 1975. Questo per rivelare «ai cittadini italiani qualcosa di essenziale per la loro esistenza, cioè questo: i potenti democristiani che ci hanno governato negli ultimi dieci anni non hanno capito che si era storicamente esaurita la forma di potere che essi avevano servilmente servito nei vent'anni precedenti(traendone peraltro tutti i possibili profitti) e che la nuova forma di potere non sapeva più ( e non sa più) cosa farsene di loro[2]». Questo perché «il contesto in cui governare non è più quello clerico-fascista[3]». Il fascismo infatti, il vecchio potere, aveva governato l'Italia solo esteriormente,dominandola e non riuscendo a scalfirla. Il regime odierno invece è un regime democratico, ma quella acculturazione che il Nuovo Potere, cioè la società dei consumi, ha creato distrugge e annienta i vari modi di essere uomini.
Niente è più anarchico del Potere, afferma. Il Potere fa ciò che vuole e quello che vuole è dettato da ragioni economiche. Il Potere non vuole più un bravo cittadino o un bravo soldato, ma semplicemente un consumatore, che sia imprevidente, laico,edonista. Pasolini si propone come un arrabbiato in un'Italia dove esistono solo piccole rabbie perché esiste solo una piccola borghesia. Ed è l'unico modo per lui di avere ancora un senso come poeta. Le stesse polemiche, gli scandali, le denuncie, seppur dolorose, sono il rischio che il poeta corre per essere ancora un poeta. Drammaticamente anche la sua morte si pone in questa ottica. E Poeta delle ceneri sembra quasi un testamento:
«Perciò io vorrei soltanto vivere
Pur essendo poeta
Perché la vita si esprime anche solo con se stessa.
Vorrei esprimermi con gli esempi.
Gettare il mio corpo nella lotta.
O sarò poeta di cose.
Le azioni della vita saranno solo comunicate,
e saranno esse, la poesia,
poiché, ti ripeto,
non c'è altra poesia che l'azione reale»[4]





[1] PIER PAOLO PASOLINI; "Petrolio", Lettera a Moravia, p. 579
[2] PIER PAOLO PASOLINI; "Il processo", Corriere della sera, 1975

[3] ibid
[4] PIER PAOLO PASOLINI; "Poeta delle ceneri"


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