Non si finisce col fracassarsi il naso in terra perché si scrive, ma al contrario si scrive perché ci si fracassa il naso e non resta più altro dove andare. (A. Cechov)

lunedì 11 dicembre 2017

Nelle terre di nessuno, C. Offutt, una quasi recensione

Quest’anno, al Pisa Book Festival, sono andata decisa su quale libro comprare: Lincoln nel Bardo, il nuovo romanzo di Saunders. Dopotutto, la Minimum fax è presenza fissa, in quanto editore indipendente. Mi infilo quindi tra la folla decisamente numerosa delle sei della domenica pomeriggio e, mappa alla mano, trovo lo stand. Do un’occhiata veloce sul banco e non lo vedo: strano, penso, s’è appena vinto il Man Booker Prize questo libro, e non è in pole position? Allora faccio la scema e chiedo: ma dove li tenete i libri di Saunders? La ragazza si spacca in quattro per mostrarmi la nuova bellissima copertina di Dieci dicembre. Poi mi mostra Nel paese della persuasione. Sì, le faccio, questi li ho già, cercavo il romanzo, quello nuovo. 
Ah, mi fa lei, ma quello non è nostro! È Feltrinelli! 
Come Feltrinelli? Avete pubblicato tutto Saunders finora e il romanzo è Feltrinelli? 
La ragazza mi guarda con un mezzo sorriso. Fanno sempre così, mi dice. Li scopriamo noi e poi quando sono già famosi se li prendono e li fanno vincere lo Strega… e mi mostra la nuova copertina di Sofia si veste sempre di nero, di Cognetti. Sto quasi per andar via, delusa e rammaricata per la povera casa editrice scopritrice di talenti a cui fregano i romanzi all’asta, quando sollevo una copertina rossa e un nome nuovo. Diciamocelo: io, i titoli della Minimum fax li conosco tutti, anche prima che escano in libreria. Ma quello no. Quello mi è nuovo. Chi è? , chiedo alla ragazza. Lui è bravo, mi fa mentre cerca di ascoltare la signora accanto a me che ha due libri in mano. Ma questo com’è?, bela la tizia. Ha in mano A pesca nelle pozze più profonde. Rispondo io. Questo è per gli addetti ai lavori, signora. Vuole un Cognetti? Si prenda Sofia e non ne sarà delusa. La signora mi dà retta, paga Sofia e se ne va. Io resto con Chris Offutt in mano. Nelle terre di nessuno. Quarta di copertina: 

Insomma, quel vento portò l’odore di Dorothy in tutto il bosco, e l’odore attirò un orso. D’inverno dormono, e quando si svegliano sono così affamati che si mangerebbero un’incudine. L’orso la seguì per un quarto di miglio e Dorothy non se accorse mai. Forse cantava, non lo so. Per una donna cantare per la propria bambina è naturale come per un orso mangiare carne. Non si può dare la colpa alle colline per quello che ci succede in cima. Qualcuno incolpa Dio, ma non credo che lui si preoccupi troppo di quello che succede lassù.

Tra poco esploderà anche lui, mi fa la ragazza. Come Cognetti e Saunders. Abbiamo già intenzione di pubblicare altri suoi libri. insomma, inutile dirlo, mi convince al volo, sgancio il contante e me lo infilo nella borsa. 
Non amo leggere le recensioni prima di iniziare un libro, quindi, una volta a casa, mi tuffo nelle pagine. Il primo salto, però, è come buttarsi in un laghetto gelato. Nonostante io provi a pestare i piedi, il ghiaccio non si rompe e resto lì, infreddolita e delusa. Ma sono racconti e non mi do per vinta. La perseveranza mi premia. Non tutti i racconti sono ghiaccio che non vuole rompersi. Andando avanti nella lettura inizio a comprendere il mio disagio. In realtà la scrittura è estremamente precisa, lineare, chiarissima. È uno stile che descrive senza trasmettere emozioni. Storia dopo storia, personaggio dopo personaggio, ci si addentra in un Kentucky fatto di alcol, degrado, occasioni perdute, miseria, superstizione. Un mondo che per me era quasi sconosciuto. Molti i racconti riusciti al cento per cento, tra cui Luna calante, Blue Lick e Zia Lith, l’ultima levatrice, uno dei miei preferiti, dove i personaggi finiscono in una spirale ineluttabile di semi follia, in mezzo a credenze antiche come il mondo e rimpianti. Insomma, chiudo l’ultima pagina quasi con sollievo. Ed eccolo, il mio disagio, svelato nella sua elementare forma umana: tutta questa brutalità, questa mancanza di redenzione, questi cattivi odori, cattive azioni, il menefreghismoo, l’alcolismo, la vecchiaia, insomma, questi racconti concentrano tutto quello che un uomo preferisce fingere di non vedere. E qui allora sta la sua forza: costringerti a farlo, farti scendere dalle nuvole dorate in cui vorresti essere leggendo un libro solo per svagarti. Ti presenta la realtà nella sua versione più ruvida. E attecchisce. Eccome se attecchisce. Ti resta addosso una sensazione che bella non lo è affatto, ma sai che è vera. E come al solito se c’è una cosa che apprezzo è proprio questo in un libro, la sua onestà. 
Quindi a Offutt un bel voto, certo. Anche alla mia casa editrice preferita, ovvio. Che come al solito non sbaglia un colpo. 







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