Non si finisce col fracassarsi il naso in terra perché si scrive, ma al contrario si scrive perché ci si fracassa il naso e non resta più altro dove andare. (A. Cechov)

mercoledì 10 gennaio 2018

Diario I, Anaïs Nin

Parigi, inverno 1931. Anaïs Nin conosce Henry Miller e la sua vita cambia radicalmente. Come lei stessa scrive, verrà gettata nella realtà. Un punto di svolta importante, un punto da dove iniziare a raccontare un percorso interiore che non finirà mai, la accompagnerà fino alla morte. 
Anaïs ha 28 anni, ha appena pubblicato un saggio su Lawrence, vive a Louvenciennes con sua madre e i fratelli, gioca a fare la piccola borghese. Ma sente che i vestiti anonimi, i tè pomeridiani e le piccole occupazioni domestiche le stanno strette: lei ha un fuoco, dentro, che vorrebbe far divampare, bruciando tutte quelle convenzioni di cui il suo mondo è intriso. La miccia è proprio Miller: un uomo geniale, ma brutale, terreno, caotico. Lo è nella vita che conduce, da perfetto bohémien, lo è nella sua scrittura, che è una colata di lava continua e che affascina Anaïs tanto da tenerlo sotto la sua ala protettrice per anni. Lo ascolta mentre parla di June, sua moglie, una donna passionale e misteriosa, bugiarda, forse tossicomane; lo ascolta mentre parla delle sue idee, le mostra i suoi appunti, la porta in giro per sordidi locali notturni, a bere, fumare, conoscere prostitute. Ecco, la vita che vuole la giovane Anaïs, quella di Henry, quella bohémien, quella del vero artista. E ogni sera, tornando a casa da una cena, da un giro per le strade fredde di Parigi o da una seduta con il suo analista, Anaïs scrive, si abbandona al suo migliore amico, il diario, la sua droga, il suo oppio, come lo descrive a tutti, lo riempie di ritratti, di pensieri, indugia sull’autoanalisi. Nei tre anni di questo primo diario, che va dal 1931 al 1934, scrive di ogni persona che conosce nei suoi anni parigini, descrive l’amore per June, la sua analisi con lo psicologo Allendy, trova spazio Artaud, Otto Rank. Ma sopratutto suo padre, il grande pianista, l’uomo che per prima la ha abbandonata, causandole tanta infelicità e insicurezza. 
Tutte queste persone, nel diario, diventano personaggi. Tutte le sue avventure, il dramma rappresentato. 
Bellissimo lo stile, così poetico e immaginifico, un’andatura che potrebbe essere la stessa del corpo esile e fragile della Nin: leggera, a volte sicura, spavalda, altre invece titubante. 
Anaïs donna, Anaïs figlia, Anaïs amante, Anaïs artista. Anaïs che ama sempre e comunque tutti e si prende cura di tutti, come una madre. Anaïs che vuole decidere della sua vita.

La vita ordinaria non mi interessa”, scrive. “Cerco solo i grandi momenti. Voglio essere una scrittrice che ricorda agli altri che questi momenti esistono”.






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