Un romanzo di
formazione, più o meno.
Quello che
colpisce in questo libro è lo stile, assolutamente. Sulla trama, al contrario, ho
dei dubbi.
La
protagonista è un’adolescente XL, che affronta la sua vita dividendola in due:
da una parte c’è Caterina, la figlia, la sorella, la nipote, in sintesi la
ragazza normale e molto amata; dall’altra c’è Cate- ciccia o Cate-rpillar, la
super eroina- così si definisce- che, solo ed esclusivamente grazie alla sua
presenza ingombrante, riduce immediatamente la gravità dei difetti altrui,
riducendoli a capocchie di spillo. Ed è proprio quest’ultimo il ruolo che
interpreta fuori casa, sia per strada che a scuola, murandosi dietro a se
stessa per la paura di venir derisa dagli altri.
Cellini è
molto bravo a calarsi in questi abbondanti panni. L’introspezione del
personaggio è esemplare. Come ho già detto, anche lo stile è ammirevole. Resta
solo un dubbio personale sulla trama, che si conclude con un relativo lieto
fine. E sembra voler indicare la direzione da seguire, non di raccontare la
storia e basta.
A questo
proposito ricordo una frase –letta chissà dove- che uno scrittore dovrebbe solo
mostrare i mali e i problemi del
mondo. Non cercare di risolverli.
Perfino Woody
Allen in Midnight in Paris, fa
affermare a Gertrude Stein –Kathy Bates- che “compito dell’artista non è
soccombere alla disperazione, ma cercare un antidoto alla futilità del mondo”.
Una frase bellissima che ho fatto mia. E che non significa affatto proporre una
ricetta per vivere.
La direzione di questo romanzo, invece, come
in molti altri libri e gran parte del cinema, è questa. No, non la apprezzo: non esistono ricette.
Molto bello
l’ultimo capitolo, giusto una paginetta, che fa capire con una splendida
metafora il mezzo con cui Caterina, alla fine, tenterà di liberarsi dai suoi
chili di troppo: una pagina bianca.
Ricco di temi
pirandelliani, filosofici e riferimenti culturali che allietano la lettura.
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