La tensione sale non
appena metto piede a terra e uno Skyvan truccato da Nemo, il pesce della
Disney, ci sfiora la testa. Guardo mio fratello, che non so come ha fatto a
convincermi, mi dico. Un salto con il paracadute da 4200 metri. Io che non
monto nemmeno sulle montagne russe. Io che ho paura persino del Topozorro. Poi con la mente torno alla sera in cui gli ho
detto: lo faccio!, ai nostri visi arancioni di tramonto e stanchezza, a quel
suo dirmi che da lassù tutte le cose, anche i pensieri, si cambiano d'abito e i
problemi diventano di colpo insignificanti. Il corpo sparisce e sei solo mente.
Qualcosa del genere.
Lui scende dall'auto
paracadute e famiglia, io faccio due parole con la mia e con le altre due
persone che proveranno oggi insieme a me l'ebbrezza del tandem, vale a dire il lancio dal paracadute agganciato a un
istruttore. Stanno sbadigliando, e concludo che sia stata proprio la loro
mancanza perenne di riposo ad averli convinti.
Così motivata faccio
un'ora di fila per il check in e compilo il foglio dopo avergli dato solo
un'occhiata distratta, ignorando di proposito le parti da firmare in cui il circolo non si ritiene responsabile di.
Incidente? Morte? Non voglio saperlo. Ormai ho deciso di fare una cazzata e
questa è decisamente una cazzata vestita a festa.
L'interno
dell'hangar è un delirio di vestiti sul pavimento e un traffico di corpi e
zaini. Sembra di essere a Malpensa in un giorno di sciopero. Ragazzi e ragazze
in costume,con le tute da lancio infilate a metà, scalzi, spettinati. Alcuni
ripiegano il paracadute, altri scrivono il proprio nome con il pennarello sul
tabellone dei voli. Ogni tanto, da un altoparlante, qualcuno chiama i nomi per
il volo, avvisa che è disponibile il servizio bar e comunica cose curiose sulle
quali non voglio indagare troppo: avvertenza
sanitaria, qualcuno ha ingerito per errore le pillole di Viagra...
L'ambiente è sporco,
caotico e decisamente divertente. Mi sento subito a casa.
Mentre aspetto il
mio turno vado vicino alla piscina, mi faccio due foto (delle quali mi pento
subito dopo lo scatto), osservo gli altri paracadutisti scendere come
pallottole colorate e mangio qualcosa. Vietato
bere alcolici prima del lancio, recita un cartello. Rimando il brindisi a
più tardi, quando, in fin dei conti, avrà anche più senso.
Sono le due del
pomeriggio quando chiamano il mio nome.
Mentre finisco di
prepararmi, più psicologicamente che altro, scopro che oltre al mio istruttore,
che decido di chiamare Il mio migliore
amico per trenta minuti, si lancerà al mio fianco anche un ragazzo-video.
Hai firmato per
averlo, dice, non ricordi? La telecamerina mi fissa con il suo enorme occhio
dal casco.
Mi stendo in faccia
il sorriso migliore che riesco a fare e annuisco, poco convinta. Chissà che
altro ho firmato, penso.
Il mio migliore amico per trenta minuti è molto giovane. Mio fratello prova a
rassicurarmi sul numero di lanci che ha già fatto, ma le referenze in quel
momento contano e non contano. Anzi, non contano affatto. Conta solo la
sensazione di sicurezza che è in grado di darmi. E decido di dargli fiducia. Non
che abbia molte altre scelte.
Mi spiega a cosa
servono delle cinghie che mi sta allacciando, cosa faremo sull'aereo e cosa
invece durante il lancio. Parla lentamente, in modo chiaro e guardandomi negli
occhi e sento che le mascelle si rilassano e la bocca si distende tutta. Il corpo
ancora oppone resistenza.
Il mio migliore amico per trenta minuti passa poi a illustrarmi i codici manuali.
Indice e medio: sposta la posizione delle gambe durante la
caduta; mano avanti e indietro ripetutamente: rilassati; tocco su una
spalla: vuoi sorridere alla telecamera per piacere?
Riguardando il
video, in realtà, durante quei cinque minuti che impiega a imbracarmi sembra che sia io a spiegare delle cose a
lui, ma non ricordo neanche una parola di quello che gli ho detto. Brutto
segno.
Dopo la vestizione
cammino come Robocop fino alla navetta che ci porterà sull'aereo. Ottengo un
posto privilegiato accanto all'autista. Dietro, il resto del branco. Alla prima
buca una voce urla: ma chi ti ha dato la
patente, Paperino? Chiudo gli occhi
per non vedere la fifa che sento salire come un palloncino pronto a esplodere.
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