Non si finisce col fracassarsi il naso in terra perché si scrive, ma al contrario si scrive perché ci si fracassa il naso e non resta più altro dove andare. (A. Cechov)

venerdì 9 dicembre 2016

Benedizione, Kent Haruf

Una sera mi trovavo a casa di amici, cari amici, un gruppo di scrittura con cui ho un legame molto particolare. Uno degli ospiti , Athos Bigongiali, mi ha suggerito questo libro, piuttosto sicuro che mi sarebbe piaciuto. Non era la prima volta che ne sentivo parlare. Un caso letterario, mi aveva detto un altro caro amico, una casa editrice praticamente sconosciuta. Durante il festival della Letteratura di Mantova, proprio nello stand dedicato ai consigli del libraio, eccolo di nuovo lì, con il bollino rosso. Non sono riuscita più ad ignorarlo e me lo sono portato a casa insieme al Lambrusco e alla Sbrisolona. L'ho posato accanto agli altri e ho atteso che venisse il suo turno. Me lo sono portato dietro una sera mentre aspettavo il turno dal dentista. Ed ecco la rivelazione: come d'incanto Haruf mi ha trascinato ad Holt, il paesino di provincia dove si svolge questo libro. Ero al capezzale di Dad,  insieme a Mary,  ho conosciuto Alice, la piccola orfana della casa accanto, ho tifato per Lyle, il reverendo anticonformista che proclama il perdono in tempo di guerra al terrorismo. Questi personaggi sono persone. Ed è qui che la bravura di Haruf si distingue. Ti fa amare questa gente, che diventa la tua gente, sebbene tu non abbia una ranch accanto a loro, sebbene tu non vada in chiesa con loro la domenica. Eppure è tutto così familiare, non già visto, ma vicino al cuore. Davvero un autore fantastico, che con una prosa lieve racconta queste vite banali, quotidiane, ma lo fa in punta di piedi, quasi senza voler disturbare l'incanto che lui stesso crea. Gestisce i problemi morali senza mentire, ci rivela il bene che esiste nell'uomo senza escludere il male.
Un equilibrio davvero da numeri uno.

Inutile dire che non potrò evitare gli altri due libri. 






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