Una
sera mi trovavo a casa di amici, cari amici, un gruppo di scrittura con cui ho
un legame molto particolare. Uno degli ospiti , Athos Bigongiali, mi ha
suggerito questo libro, piuttosto sicuro che mi sarebbe piaciuto. Non era la
prima volta che ne sentivo parlare. Un caso letterario, mi aveva detto un altro
caro amico, una casa editrice praticamente sconosciuta. Durante il festival
della Letteratura di Mantova, proprio nello stand dedicato ai consigli del
libraio, eccolo di nuovo lì, con il bollino rosso. Non sono riuscita più ad
ignorarlo e me lo sono portato a casa insieme al Lambrusco e alla Sbrisolona.
L'ho posato accanto agli altri e ho atteso che venisse il suo turno. Me lo sono
portato dietro una sera mentre aspettavo il turno dal dentista. Ed ecco la
rivelazione: come d'incanto Haruf mi ha trascinato ad Holt, il paesino di provincia
dove si svolge questo libro. Ero al capezzale di Dad, insieme a Mary, ho conosciuto Alice, la piccola orfana della
casa accanto, ho tifato per Lyle, il reverendo anticonformista che proclama il
perdono in tempo di guerra al terrorismo. Questi personaggi sono persone. Ed è
qui che la bravura di Haruf si distingue. Ti fa amare questa gente, che diventa
la tua gente, sebbene tu non abbia una ranch accanto a loro, sebbene tu non
vada in chiesa con loro la domenica. Eppure è tutto così familiare, non già
visto, ma vicino al cuore. Davvero un autore fantastico, che con una prosa
lieve racconta queste vite banali, quotidiane, ma lo fa in punta di piedi,
quasi senza voler disturbare l'incanto che lui stesso crea. Gestisce i problemi
morali senza mentire, ci rivela il bene che esiste nell'uomo senza escludere il
male.
Un equilibrio
davvero da numeri uno.
Inutile
dire che non potrò evitare gli altri due libri.
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