Di nuovo a Holt. Di nuovo in questo mondo che profuma di erba
appena tagliata e dolci d'avena fatti in casa. Che però odora anche di sangue
delle bestie, di birra e sudore. Il sole
illumina allo stesso tempo il terreno ghiacciato dall'inverno e il volto dei
bambini che consegnano i giornali nelle prime ore del mattino. È lo specchio della
vita, questo libro, la vita che cresce nella pancia di Victoria, così desiderata
nonostante le avversità, è la vita di due uomini rudi e solitari che cambia
all'improvviso, è la vita di un uomo che ricomincia ad amare ed è quella di due
bambini che scoprono il mondo crescendo, che scoprono, appunto, la vita e la
morte.
Per celebrare la vita che nasce Haruf mette molte madri tra le
pagine. Victoria, che ha soli diciassette anni, Ella, che, depressa, prende la
difficile decisione di che lasciare i suoi bambini, la vecchia signora Stearns,
che muore nella solitudine della propria casa rimpiangendo il figlio scomparso
in Marina. Ma anche la signora Beckam, che insulta e aggredisce chiunque si
metta contro il suo ragazzo. E poi c'è un'altra donna, una donna che non ha
figli, la signorina Maggie Jones, forse quella che più di tutte incarna la
figura materna.
Davvero unici questi personaggi, buoni nelle loro singolarità,
generosi nel loro egoismo, giusti nella loro ingiustizia. In una parola: veri.
Le loro esistenze si intrecciano, si uniscono contro fronti comuni, rendendoci
partecipi del loro mondo. Di più: desiderosi di esserlo.
Non dimentico di aggiungere, anche qui, come in Benedizione, la
trappola della provincia, con i suoi pro e i suoi contro, un tema trattato con
intelligenza che tocca praticamente ogni
pagina. I pettegolezzi che rischiano di turbare la pace si contrappongono alle
generose mani della comunità rurale di Holt, sempre pronta ad aiutare, a
consolare, a farti sentire il suo caldo abbraccio.
Di nuovo la prosa di Haruf mi colpisce nella sua elementare
complessità. Ricorda la melodia che compare nel titolo, Plainsong, un canto
semplice, senza strumenti, ma di grande effetto. E anche le grida di dolore
sembrano scomparire nel vento di questo gelido inverno.
Del Canto della pianura dispiace solo una cosa: che duri così
poco, che l'incanto svanisca terminata l'ultima pagina, riportandoti alla
realtà.
Ma questo è il male di ogni libro.
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