La scrittura come arte, la scrittura come indagine dell'uomo
e di se stessi, la scrittura come vita. Sono questi i nodi che compaiono e si
sciolgono in questo breve libro dove Francesco Longo ci guida attraverso le
parole di Malmud per condurci nella sua stanza segreta, quella in cui uno
scrittore è meglio che vada ed è meglio che stia lì dentro e scriva.
Malamud ci offre una panoramica sulla vocazione,
sull'immaginazione, sulla moralità della scrittura, sul simbolo di un buon
romanzo e lo fa con precisione e chiarezza, consigliandoci come farebbe un
padre.
Una delle riflessioni più belle parte dal principio che
regge la letteratura, che vede come un modo per arrivare alla comprensione di
se stessi e metterci in comunicazione con gli altri esseri umani. Quindi scrivere ricordandoci dell'anima e
dell'umanità dei personaggi, prima di tutto. Essere onesti. L'onestà nella
scrittura è una vera e propria legge scritta sulla tavola. E poi lo stile, che sia libero e sopratutto
preciso.
Ogni volta che leggo un saggio di questo tipo la voglia di
mettermi alla tastiera è talmente forte che vorrei alzarmi anche in piena
notte, e forse è proprio per questo motivo che li leggo. Per ricordare a me
stessa che non è del tutto inutile quello che sto facendo. Che il patto fatto
con me stessa ha valore, anche se ogni giorno mi chiedo se io abbia il talento.
E che provarci, comunque, non è mai una perdita di tempo. Leggere Malamud mi ha
confermato che scrivere è un'indagine, di se stessi e del mondo. È un modo per venire a patti con
la vita. E la fatica e a volte il dolore verranno ripagati con la
consapevolezza.
Per me non esiste altro, dice. La sintesi di una storia
d'amore comune a molti.
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