Sebbene non
abbia trovato eccellente lo stile di Dubus- anzi, per certi versi ho visto le
sue cadute come piccole trappole in cui avrei potuto cadere io stessa- non
posso che parlar bene di questi tre racconti dello scrittore di short stories più acclamato dai suoi
contemporanei, anche se non il più famoso, forse: Andre Dubus.
Lo stile
prende le mosse dal suo amico e maestro Yeats in primo luogo, ma il maestro a
cui si ispira è senza dubbio Checov, ripetutamente citato all’interno della
raccolta e preso, secondo stesso figlio di Dubus, AndreIII, come mentore.
A Dubus
interessava la libertà dello scrivere più che il tornaconto economico e questa
è la cosa che più risulta chiara leggendo questo libro. Non c’è menzogna, ma
solo una lunga e profonda ispezione dell’animo
umano, un continuo scavare e tentar di comprendere -senza peraltro arrivare a
conclusioni moraliste- le dinamiche che legano e slegano i rapporti d’amore,
che siano essi iscritti all’interno del matrimonio o al di fuori di esso.
I tre
racconti ripercorrono la storia di due giovani coppie legate tra loro da
amicizia e tradimenti. Quello che ho trovato stupefacente è la delicatezza con
cui descrive le donne. T. Wolff, suo amico e collega, scrive nella postfazione
che durante un festival della letteratura Dubus rischiò di impantanarsi in un
discorso sul movimento femminista, dichiarando che l’unica cosa che era
riuscito a creare era che adesso le donne potevano “indossare vestiti da
uomini, prendere il treno per andare a
lavorare e dire bugie tutto il giorno”. Un’affermazione quantomeno pericolosa
se non fosse per il fatto che Dubus trovava -e questo si legge in modo chiaro-
le donne esseri dotati di “personalità migliori o perlomeno più interessanti
degli uomini”, proprio perché non guastate dal continuo desiderio di potere,
prerogativa da sempre del mondo maschile.
Consiglio di
non tralasciare, se vi trovate questo libro tra le mani -e dovreste, almeno una
volta nella vita- sia la prefazione (di N. Manupelli) che la postfazione (di T. Wolff, per l’appunto).
Credo che
questo libro mi abbia aiutato, indubbiamente senza volerlo, a raggiungere la
consapevolezza di quello che amo leggere, ovvero il lento lavoro archeologico
da parte di uno scrittore di ciò che sta dietro all’atto stesso del vivere.
Perché di
storie fantastiche e favolose ne possiamo inventare a migliaia, ma per me non
c’è niente che eguagli la meraviglia che provo di fronte alla vita stessa.
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