Non si finisce col fracassarsi il naso in terra perché si scrive, ma al contrario si scrive perché ci si fracassa il naso e non resta più altro dove andare. (A. Cechov)

mercoledì 14 maggio 2014

Di fama e di sventura, Federica Manzon

Di fama e di sventura è la storia di un uomo raccontata dagli occhi della donna che lo ha amato.
È la storia di un presagio, annunciato in un giorno in cui il caldo sembra non lasciare spazio alla vita.  E invece in quel giorno nasce Tommaso, un piccolo gamberetto dice Vittoria, sua nonna, un Indiano dal cuore buono che sin dal primo vagito desidera diventare un cowboy.
È una storia d’amore, soprattutto. Amore negato, tradito, cercato, sofferto e vissuto in modo sbagliato, con il rimpianto sempre davanti agli occhi. Di solitudine e di speranza. Di fortuna e di inevitabili tragedie.
Federica Manzon  trascina il lettore nell’Italia dal dopoguerra a oggi, poi lo prende per mano e lo conduce oltreoceano tra le strade di una città americana soffocata dai grattacieli dell’alta finanza, infine lo accompagna di nuovo all’inizio, sulla spiaggia, al bordo di un’acqua dove gli spruzzi schizzano le caviglie e richiamano giorni da seppellire nel fondo della memoria.
Al principio il lettore sembra poter rimanere invischiato nella scrittura, così densa che le tracce dei personaggi sembrano perdercisi. Ma poi ci si abitua al ritmo, e danzare tra le pagine diviene quasi una necessità. La Manzon è abile nel tenere il filo sospeso di capitolo in capitolo, annunciando imminenti tragedie. Il romanzo alla fine risulta imperfetto: la voce narrante lascia spesso perplessi nella ricostruzione di scene dettagliate a cui non può aver assistito. Così come lascia perplessi il finale, risolto con una facilità tale da sembrare sbrigativo.
Eppure.
Eppure i personaggi a cui dà vita rimangono dentro. Penso alla nonna, Vittoria, la donna veloce che ha gambe abbronzate e non porta calze nemmeno in inverno, una donna per la quale le questioni del cuore non vanno raccontate, ma tenute strette nel profondo dell’anima. Penso al Capitano, uomo senza scrupoli per gli affari, ma poi nonno amorevole. Penso allo zio di Tommaso, il mollusco, uomo senza spina dorsale, pronto solo a seguire la corrente migliore. Penso ad Ariel, ragazzo ebreo, dal coraggio inattaccabile, campione di nuoto e unico vero amico di Tommaso.  Una delle stelle che riuscirà a seguire e perdere continuamente nel corso della vita.

Il mondo creato della Manzon è sconosciuto e familiare insieme, un mondo a cui ti affezioni e che ti dispiace abbandonare. Un mondo dove ogni trionfo sottintende una sconfitta. Un mondo dove l’amore crea e distrugge. Triste e nostalgico quando basta per essere amato. Imperfetto come la vita.









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