La trama è
quello che vi aspettereste: una Biancaneve moderna che vive con sette uomini e
aspetta il Principe Azzurro. Ma con Biancaneve dei fratelli Grimm ha solo
questo in comune.
Chi ha
scritto Donald Barthelme “scompone la fiaba tradizionale in mille pezzi e li
infila tutti nel frullatore” non poteva scrivere meglio. E ancora. Condivido il
pensiero di chi ha detto della scrittura di Barthelme: incategorizzabile.
Aggiungo: imparagonabile.
Il romanzo-
ma anche chiamarlo così è una libertà- va avanti con dei veri e propri
frammenti, di cui lo stesso scrittore dice siano l'unica forma di cui si fida,
raccontati da una “pluralità individuale”, cioè i sette uomini che dividono la
casa -e non solo- con Biancaneve.
Assurdo è
il primo aggettivo che ho trovato. Non surreale, assurdo.
Eppure.
Sebbene
uscito nel '67 non ho letto nulla di più attuale. Non era uno scrittore del suo
tempo. Decisamente camminava avanti a tutti. Il linguaggio è completamente
sconvolto- il presunto Principe vuole una donna che abbisogni ai suoi
servigi, Biancaneve è soffusa di vergogna, ci sono termini come perfettibile
e pertinicia sparsi ovunque-. Spesso è spaventosamente trash e
divertente, ironico e autoironico, ma allo stesso tempo colpisce. E affonda. In
maniera spaventosamente seria.
Ha influenzato
scrittori come Egger e Wallace e Bender, Carver lo definisce “il nostro eroe”,
nella prefazione Ivano Bariani afferma che “ha tirato giù a calci la porta
d'ingresso a nuovi universi narrativi”... andrebbe letto solo per questo. Ma
non solo.
Alla
domanda “Ti è piaciuto?” non ho risposta. Quello che so è che leggerlo ha
scomposto la mia mente in mille pezzi e li ha infilati nel frullatore. Una vera
esperienza. Un'esperienza che non posso che consigliare.
L'unica
avvertenza: non avvicinarsi con l’idea che sia semplice apprezzarlo.
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