Che io sia per te l'Estate
quando i giorni d'Estate saranno lontani!
La tua musica ancora, quando l'Allodola
e il Pettirosso - taceranno!
Fiorire per te, sorvolerò la tomba
e seminerò i miei boccioli!
Ti prego di raccogliermi-
Anemone-
Tuo fiore - per sempre!
Non si finisce col fracassarsi il naso in terra perché si scrive, ma al contrario si scrive perché ci si fracassa il naso e non resta più altro dove andare. (A. Cechov)
mercoledì 9 dicembre 2015
giovedì 19 novembre 2015
Il giardino d'amore - William Blake
Nel Giardino D'amore un giorno entrai
e vidi cosa mai veduta prima:
una Cappella eretta proprio al centro
del prato ove ero solito giocare.
Essa aveva cancelli ben sprangati,
"Tu non devi" era scritto sulla soglia;
io al Giardino d'Amore mi rivolsi,
che tanti fiori aveva generato;
e lo vidi di tombe tutto ingombro,
e al posto dei fiori v'eran lapidi;
e Preti neri intorno ad imbrogliare
tra spini i miei piaceri e desideri.
e vidi cosa mai veduta prima:
una Cappella eretta proprio al centro
del prato ove ero solito giocare.
Essa aveva cancelli ben sprangati,
"Tu non devi" era scritto sulla soglia;
io al Giardino d'Amore mi rivolsi,
che tanti fiori aveva generato;
e lo vidi di tombe tutto ingombro,
e al posto dei fiori v'eran lapidi;
e Preti neri intorno ad imbrogliare
tra spini i miei piaceri e desideri.
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Foto: Alessia Zanzi |
mercoledì 18 novembre 2015
#13
Quello che so è che abbiamo bisogno di correre senza un perché, attraverso i campi, i boschi. e la meta non è il traguardo, anche se là c'è una folla pronta ad applaudirci. forse siamo affascinati dal senso di solitudine del maratoneta.
Richardson
mercoledì 16 settembre 2015
Il sale della vita:4
Alzarsi la mattina dimenticandosi che è un giorno di festa. Scendere
dal letto lentamente, prepararsi il caffè e respirare il profumo che esce dalla
moka, aprire un libro scelto a caso e rimanere folgorati dalla sua bellezza.
giovedì 3 settembre 2015
Appunti per un'orestiade africana, Pier Paolo Pasolini
Una pellicola che non è solo un documentario, non è solo una
ricerca antropologica, non è solo un diario di viaggio. Eppure è tutte queste
cose insieme. Sono appunti, come dice il titolo.
La voce che commenta è quella di Pasolini stesso che, molto
ordinatamente, spiega il suo progetto, lasciandolo volutamente nella forma di progetto. Non è
quindi qualcosa di incompiuto, tutt'altro. È una nuova forma che Pasolini
adotta non solo nei film, ma anche nei romanzi ( già con Teorema e la Divina
Mimesis, raggiungendo il suo culmine con Petrolio).
L'intento: quello di porre per analogia l'Orestea di Eschilo
(composta dalle tre tragedie Agamennone, Le coefore e le Eumenidi)all'Africa
libera degli anni sessanta, sopratutto dal punto di vista della tragedia terza,
dove le Erinni, le Furie, vengono trasformate
da Atena in Eumenidi. Questo passaggio, questa trasformazione,
rappresenta simbolicamente la scomparsa di una parte dell'Africa antica, quella
tribale, quella al tempo stesso terribile e brutale, spaventosa e ancestrale,
imbevuta dello spirito antico. "L'africano", dice uno degli studenti
universitari africani di Roma, intervistati nel film da Pasolini per
giudicare la pellicola "contiene una vita interiore molto profonda"
Ed è da quella profondità della vita che Pasolini vorrebbe
ripartire, cercando, nella prima parte, nei volti africani, i suoi
protagonisti: così cerca nel volto di un vecchio l'Agamennone che torna dalla
guerra e in una donna velata di nero sua moglie Clitennestra. Cerca infine il
Coro, grande protagonista delle tragedie e insiste sul "carattere popolare
" del suo film: "Il grande protagonista deve essere il popolo".I
protagonisti devo essere quelli che lui scova in giro per Uganda, Tanzania, lago
Tanganika.
Per le Erinni invece ha un'intuizione molto poetica. Non essendo
umane, lascia che siano i grandi alberi africani a rappresentarle, e le
divinità infuriate sono gli alberi spazzati via dal potente vento.
C'è popi un'interruzione dove Pasolini raccoglie l'idea di una
tragedia cantata invece che recitata e qui si apre l'esperimento musicale jazz
(con Gato Barbieri). Forse troppo lungo e straniante per essere preso in
considerazione. E comunque Pasolini non decide, semplicemente appunta le sue
idee in forma di immagine e giunge a Atene con il suo Oreste, di fronte al
grande palazzo di Apollo che potrebbe essere, dice, l'Università a Kampala
(Uganda). È il moderno che invade l'antico. O meglio: è l'Occidente che invade
l'Africa portando una democrazia formale, con tutte le sue contraddizioni.
La conclusione, annuncia infine, è sospesa. Perché il nuovo
mondo è ormai instaurato. Oreste è stato il tramite tra la barbara Argo (
tribale, in un certo senso, irrazionale e antica, così come lo sono le Erinni)
e la razionale Atene, dal cui nuovo tribunale istituito da Atena, un tribunale
di uomini per uomini, verrà assolto. Il punto di congiunzione tra l'antico e il
nuovo. Che non è detto sia migliore.
La danza della tribù Wa-go-goo che chiude il film rappresenta
questo passaggio: una danza piena di significati magici svuotata oggi nel
significato dall'elemento sacro. La domanda ultima( e la più amata da Pasolini)
è dunque questa: possono coesistere antico e moderno? E se sì in che modo?
domenica 9 agosto 2015
Sensazione - Arthur Rimbaud
Le sere azzurre d'estate, andrò per i sentieri,
Punzecchiato dal grano, a calpestare erba fina:
Trasognato, ne sentirò la freschezza ai piedi.
Lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.
Non parlerò, non penserò a niente:
Ma l'amore infinito mi salirà nell'anima,
E andrò lontano, molto lontano, come uno zingaro,
Nella Natura, - felice come con una donna.
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Foto: Alessia Zanzi |
martedì 7 luglio 2015
Il sale della vita:3
Le parole. Quelle giuste, le sbagliate, le fraintese.
Quelle solo
sussurrate o urlate, le parole d'amore e quelle di odio, quelle attese da una
vita e quelle che non arriveranno mai.
Parole dolci, parole al vetriolo, i
giochi di parole e i neologismi. Quelle scritte, quelle lette, quelle ascoltate
e quelle dette.
Le parole che ho riempito e quelle che ho scelto di lasciare
ancora vuote.
I racconti della birra, AA.VV.
Chiamata anche la bevanda dei re, la birra è forse l' alcolico più antico e diffuso
al mondo. Ed è proprio per celebrare questo nettare rinfrescante che la casa
editrice Marchetti, insieme al Birrificio Artigianale Toscano, ha voluto creare
questa piccola antologia che raccoglie ventisei racconti brevi di scrittori
esordienti. Tutti, rigorosamente, a tema birra. Così tra le pagine scopriamo
che ci sono ricordi d'infanzia che resteranno sempre nel cuore, che la storia
della scoperta della gravità in realtà è un po' diversa da come la apprendiamo
sui libri e che l'amicizia è fatta sopratutto di cose semplici, come dividere
un bicchiere di scura. Stili e generi diversi si incontrano per creare un libro
ricco di emozioni. Apre la raccolta Athos Bigongiali, la cui sottile ironia non
delude mai.
mercoledì 1 luglio 2015
Anna Karenina, Lev Tolstoj
Le famiglie felici si somigliano sempre l'una con l'altra: ogni famiglia infelice lo è in un modo particolare.
Tutto era sottosopra in casa Oblonskij. La moglie aveva saputo che era in intime relazioni con una giovane governante francese che era stata da loro e gli aveva dichiarato che non poteva più vivere nella stessa casa con lui. Questa situazione si protraeva già da tre giorni e ne risentivano il malessere marito, moglie, l'intera famiglia e perfino i domestici. Tutti si accorgevano che quel loro vivere uniti non aveva più senso e che fra persone incontratesi per caso in un albergo c'era più coesione che fra i membri della famiglia Oblonskij.
Tutto era sottosopra in casa Oblonskij. La moglie aveva saputo che era in intime relazioni con una giovane governante francese che era stata da loro e gli aveva dichiarato che non poteva più vivere nella stessa casa con lui. Questa situazione si protraeva già da tre giorni e ne risentivano il malessere marito, moglie, l'intera famiglia e perfino i domestici. Tutti si accorgevano che quel loro vivere uniti non aveva più senso e che fra persone incontratesi per caso in un albergo c'era più coesione che fra i membri della famiglia Oblonskij.
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Foto: Francesco Romoli |
venerdì 26 giugno 2015
#12
"Che il segreto dell'arte sia qui? Ricordare come l'opera si è vista in uno stato di sogno, ridirla come si è vista, cercare sopratutto di ricordare. Ché forse tutto l'inventare è ricordare"
Elsa Morante
mercoledì 10 giugno 2015
#11
"Io non avrei potuto fare che un mestiere, un mestiere solo: il mestiere che ho scelto, e che faccio, quasi dall'infanzia"
Natalia Ginzburg
martedì 12 maggio 2015
#10
"Noi cerchiamo continuamente di dare ordine, interpretandola, alla nostra vita con il passato, presente e avvenire, col nostro ambiente, col mondo in cui viviamo, sicché essa assume per noi un aspetto complessivo che cambia di continuo, più o meno presto e radicalmente a seconda che siamo costretti, disposti o capaci di accogliere le nuove esperienze che si presentano"
Erich Auerbach
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Foto: Francesco Romoli |
venerdì 24 aprile 2015
Pasolini e il Nuovo Potere- Parte 3
Pasolini e il Nuovo potere- Parte 1
Pasolini e il Nuovo Potere- Parte2
Ma non è un intellettuale rinunciatario e pessimista, Pasolini. Tutt'altro. Potremmo definirlo un vero e proprio combattente. La sua nostalgia, lo ribadisce spesso, non è un modo per bloccarsi e arrendersi, facendosi imbrigliare dalle trame del Potere. È piuttosto una ricerca continua della strada per contrastarlo. Con Petrolio ( ma già anche parzialmente con la Divina Mimesis e con Teorema) Pasolini cerca di trovare un sistema per forare la rete costruita dal Potere e che interviene nel campo specifico della Letteratura. Cerca di portarsi fuori dal paradosso tentando non di fare un romanzo che esca dagli schemi del romanzo, ma di creare qualcosa di nuovo, che sia quasi non riconoscibile come letteratura. Una forma, appunto:
Pasolini e il Nuovo Potere- Parte2
Ma non è un intellettuale rinunciatario e pessimista, Pasolini. Tutt'altro. Potremmo definirlo un vero e proprio combattente. La sua nostalgia, lo ribadisce spesso, non è un modo per bloccarsi e arrendersi, facendosi imbrigliare dalle trame del Potere. È piuttosto una ricerca continua della strada per contrastarlo. Con Petrolio ( ma già anche parzialmente con la Divina Mimesis e con Teorema) Pasolini cerca di trovare un sistema per forare la rete costruita dal Potere e che interviene nel campo specifico della Letteratura. Cerca di portarsi fuori dal paradosso tentando non di fare un romanzo che esca dagli schemi del romanzo, ma di creare qualcosa di nuovo, che sia quasi non riconoscibile come letteratura. Una forma, appunto:
«È un romanzo, ma non è scritto
come sono scritti i romanzi veri[...]Ciò
vuol dire che non ho fatto del mio romanzo un 'oggetto', una 'forma', obbedendo
quindi alle leggi di un linguaggio che ne assicurasse la necessaria distanza da
me, quasi addirittura abolendomi, o attraverso cui io generosamente negassi me
stesso assumendo umilmente le vesti di un narratore uguale a tutti gli altri
narratori»[1].
Questo uscire dal gioco della letteratura, utilizzando la parola diretta, ovvero una parola che
sia pensiero e azione, una parola ancora forte, significa per Pasolini uscire
dal gioco del Potere e renderlo così visibile. Riuscendo appunto a risolvere il
paradosso.
Ma il segreto del Potere è anche nascosto nella violenza che caratterizza
gli anni settanta italiani. Ogni atto criminale necessita di responsabili.
Coloro che hanno contribuito, assecondando il Potere, che questo entrasse e
cambiasse le menti della popolazione. I
cittadini italiani vogliono sapere, afferma: vogliono sapere la verità sui
disastri edilizi, sui cosiddetti "golpe"fascisti, sui ruoli del Sifar
e del Sid, della Cia e della Mafia. E le vogliono sapere, aggiunge, tutte
insieme. Ed ecco che quindi scrive "Il
processo", dove condanna coloro che hanno governato il Paese dal
dopoguerra al 1975. Questo per rivelare «ai
cittadini italiani qualcosa di essenziale per la loro esistenza, cioè questo: i
potenti democristiani che ci hanno governato negli ultimi dieci anni non hanno
capito che si era storicamente esaurita la forma di potere che essi avevano
servilmente servito nei vent'anni precedenti(traendone peraltro tutti i
possibili profitti) e che la nuova forma di potere non sapeva più ( e non sa
più) cosa farsene di loro[2]». Questo perché «il contesto in cui governare non è più
quello clerico-fascista[3]». Il fascismo
infatti, il vecchio potere, aveva governato l'Italia solo
esteriormente,dominandola e non riuscendo a scalfirla. Il regime odierno invece
è un regime democratico, ma quella acculturazione che il Nuovo Potere, cioè la
società dei consumi, ha creato distrugge e annienta i vari modi di essere
uomini.
Niente è più anarchico del Potere, afferma. Il Potere fa ciò che vuole e
quello che vuole è dettato da ragioni economiche. Il Potere non vuole più un bravo
cittadino o un bravo soldato, ma semplicemente un consumatore, che sia
imprevidente, laico,edonista. Pasolini si propone come un arrabbiato in
un'Italia dove esistono solo piccole rabbie perché esiste solo una piccola
borghesia. Ed è l'unico modo per lui di avere ancora un senso come poeta. Le
stesse polemiche, gli scandali, le denuncie, seppur dolorose, sono il rischio
che il poeta corre per essere ancora un poeta. Drammaticamente anche la sua morte
si pone in questa ottica. E Poeta delle
ceneri sembra quasi un testamento:
«Perciò io
vorrei soltanto vivere
Pur essendo poeta
Perché la vita si esprime anche solo con se stessa.
Vorrei esprimermi con gli esempi.
Gettare il mio corpo nella lotta.
O sarò poeta di cose.
Le azioni della vita saranno solo comunicate,
e saranno esse, la poesia,
poiché, ti ripeto, non c'è altra poesia che l'azione reale»[4]
Pur essendo poeta
Perché la vita si esprime anche solo con se stessa.
Vorrei esprimermi con gli esempi.
Gettare il mio corpo nella lotta.
O sarò poeta di cose.
Le azioni della vita saranno solo comunicate,
e saranno esse, la poesia,
poiché, ti ripeto, non c'è altra poesia che l'azione reale»[4]
giovedì 9 aprile 2015
Pasolini e il Nuovo Potere - Parte 2
Pasolini e il Nuovo Potere-Parte 1
Nel 1973, in un articolo sul "Tempo illustrato"[1], criticando i temi di italiano dati all'esame di maturità dello stesso anno, scrive: «La restaurazione o rivoluzione reale cominciata nel 1971-1972[...] è in realtà una rivoluzione. [...]Essa tende a cancellare il passato, con i suoi "padri", le sue religioni, le sue ideologie e le sue forme di vita(ridotte oggi a mera sopravvivenza). Questa rivoluzione di destra, che ha distrutto prima di ogni cosa la destra, è avvenuta fattualmente, pragmaticamente. Attraverso una progressiva accumulazione di novità (dovute quasi tutte all'applicazione della scienza): ed è cominciata dalla rivoluzione silenziosa delle infrastrutture». La civiltà tecnologica, voluta dal Nuovo Potere, ha generato un nuovo mondo distruggendo le vecchie istituzioni sociali, quali la famiglia, cultura, la lingua, la Chiesa. Anche « la "vera" tradizione umanistica[...] viene distrutta dalla nuova cultura di massa e dal nuovo rapporto che la tecnologia ha istituito -con prospettive ormai secolari- tra prodotto e consumo»[2].
Nel 1973, in un articolo sul "Tempo illustrato"[1], criticando i temi di italiano dati all'esame di maturità dello stesso anno, scrive: «La restaurazione o rivoluzione reale cominciata nel 1971-1972[...] è in realtà una rivoluzione. [...]Essa tende a cancellare il passato, con i suoi "padri", le sue religioni, le sue ideologie e le sue forme di vita(ridotte oggi a mera sopravvivenza). Questa rivoluzione di destra, che ha distrutto prima di ogni cosa la destra, è avvenuta fattualmente, pragmaticamente. Attraverso una progressiva accumulazione di novità (dovute quasi tutte all'applicazione della scienza): ed è cominciata dalla rivoluzione silenziosa delle infrastrutture». La civiltà tecnologica, voluta dal Nuovo Potere, ha generato un nuovo mondo distruggendo le vecchie istituzioni sociali, quali la famiglia, cultura, la lingua, la Chiesa. Anche « la "vera" tradizione umanistica[...] viene distrutta dalla nuova cultura di massa e dal nuovo rapporto che la tecnologia ha istituito -con prospettive ormai secolari- tra prodotto e consumo»[2].
Scompaiono dunque non solo le culture originali e differenziate
del mondo contadino e sottoproletario, ma anche la borghesia paleoindustriale.
Tutte queste classi vengono unificate e omologate per creare una nuova
borghesia, completamente dedita al consumo. Nel 1975, poco prima di morire,
afferma che in Italia tutti sono diventati borghesi, anche se le differenze
continuano a sussistere economicamente: esiste cioè una classe borghese povera
e una ricca. La scomparsa delle minoranze e delle diversità, dei particolarismi
e della realtà, va di pari passo con la scomparsa dei sorrisi e della felicità.
Parla di genocidio delle classi
subalterne, voluto dalla società dei consumi e coadiuvato dai giovani, i quali
hanno compiuto una vera e propria abiura
dei modelli precedenti di vita.
Ma, ancor più tragico per un poeta, Pasolini
assiste all'impoverimento progressivo della lingua. Il linguaggio è stato
segnato anch'esso dall'omologazione, spesso diventando puro tecnicismo. L'italiano
è stata una lingua esclusivamente letteraria per secoli e il centro era
Firenze, grazie ad artisti come Dante o Boccaccio. Ma dopo la fine della guerra ha subito un
cambiamento: il centro non è più letterario e non è più Firenze, bensì è
tecnico-tecnologico ( basti pensare, afferma, alla parola "frigorifero",
utilizzata in tutta Italia nello stesso identico modo) e ha come capo Milano. A
questo radicale cambiamento contribuiscono i giornali, l'accrescimento delle
infrastrutture e, sopratutto, la televisione. Il
Nuovo Potere si serve degli strumenti della tecnologia in maniera subdola. È
una violenza non esplicita e per questo
ancor più pericolosa perché invisibile o quasi. La televisione ha
contribuito a diffondere l'ideologia reale del potere che si fonda sull'edonismo
del potere consumistico e crea vittime innocenti, come ad esempio la Marylin
Monroe ritratta ne "La rabbia", la «sorellina ubbidiente», la cui «bellezza
sopravvissuta dal mondo antico, richiesta dal mondo futuro, posseduta dal mondo
presente, divenne un male mortale».
«I mezzi però non sono niente» afferma
Pasolini, «sono strumenti neutri. Ma
appena se ne impadroniscono i mediatori della cultura di massa ecco che
oltrepassano la loro funzione di strumenti, che si "divinizzano": se
ne fanno una "divinità" al servizio del culto del Potere e del Denaro[3]».
Attraverso la televisione i "modelli" non vengono parlati, ma
rappresentati. Sono modelli tali da rendere la gioventù più indifesa criminale
o criminaloide. «È stata la televisione
che ha, praticamente (essa non è che un mezzo) concluso l'era della pietra e
iniziato l'era dell'edonè[4]».
La proposta di Pasolini per eliminare la criminalità è quella provocatoria di
abolire la televisione. Così come propone di abolire la scuola dell'obbligo, in
quanto scuola di iniziazione alla cultura piccolo-borghese, fatta di nozionismo
statico e moralismo. La criminalità è una conseguenza diretta del modo di
essere della società dei consumi: «il
consumismo ha distrutto cinicamente un mondo "reale", trasformandolo
in una totale irrealtà, dove non c'è più scelta possibile tra bene e male[5]».
Lo
scrittore prende atto dolorosamente di una
vera e propria afasia, cioè una
perdita delle capacità linguistiche. «Tutta l’Italia centro-meridionale aveva
proprie tradizioni regionali, o cittadine, di una lingua viva, di un dialetto
che era rigenerato da continue invenzioni, e all’interno di questo dialetto, di
gerghi ricchi - di invenzioni quasi poetiche: a cui contribuivano tutti, giorno
per giorno, ogni serata nasceva una battuta nuova, una spiritosaggine, una
parola imprevista; c’era una meravigliosa vitalità linguistica. Il modello
messo ora lì dalla classe dominante li ha bloccati linguisticamente:
a Roma, per esempio, non si è più capaci di inventare, si è caduti in una
specie di nevrosi afasica; o si parla una lingua finta, che non conosce
difficoltà e resistenze, come se tutto fosse facilmente parlabile - ci si
esprime come nei libri stampati - oppure si arriva addirittura alla vera e
propria afasia nel senso clinico della parola; si è incapaci di inventare
metafore e movimenti linguistici reali, quasi si mugola, o ci si danno
spintoni, o si sghignazza senza saper dire altro»[6].
Parlando della generazione dei giovani contestatori afferma: «Credo di poter affermare che una delle ragioni essenziali della grande
inquietudine dei giovani di oggi è appunto l'ignoranza di cui si compiacciono;
direi anzi una certa qualità di ignoranza[7]». Rifiutano una cultura plasmata allo stampo del mondo
preindustriale, i cui ideali non sono più adatti agli imperativi dell'esistenza
moderna. Paradossalmente, essi «lottano
contro questo neocapitalismo, ma in effetti ubbidiscono a loro insaputa alle
sue esigenze sacrileghe[8]». Non innovano nel
quadro della cultura paterna, ma la rifiutano.
La perdita di linguaggio per Pasolini coincide drammaticamente con la
perdita della propria poetica. È la perdita di un mondo poetico quella che
l'autore rimpiange, il mondo da lui descritto già in "Ragazzi di
vita" o filmato in "Accattone", dove « er mondo è de chi c'ha li denti». Perso il particolarismo
dialettale, l'autore sente di non avere più una lingua con cui rappresentare il
mondo e non è più capace di identificarsi con esso. Il cinema per Pasolini è
stato una scelta di linguaggio: girando i primi film ricorreva al linguaggio
naturale della realtà. Finita la realtà così come lui la aveva amata ( la
realtà del sottoproletariato, del mondo contadino) il poeta si trova perduto e
costretto a inventare una nuova poetica, una poetica fatta di pluralità di
scritture e ben rappresentata da Petrolio,
quella forma-progetto dove l'oggetto estetico non conta più. Il Nuovo Potere
gli ha tolto una lingua con cui rappresentare il mondo. E Pasolini non può fare
altro che rappresentarlo in modo tragico e carico di nostalgia, come ne La Rabbia.
[1] PIER
PAOLO PASOLINI; "P:giudica i temi di italiano", Tempo illustrato,
1973. Ora in Scritti corsari con il titolo"La prima vera rivoluzione di
destra", pp. 17-21
[2] Ibid.
[3] PIER
PAOLO PASOLINI; "Il sogno del centauro", intervista a cura di J.
Duflot
[4] PIER
PAOLO PASOLINI, "Aboliamo la tv e la scuola dell'obbligo", Corriere
della sera, 1975
[5] Ibid.
[6] PIER
PAOLO PASOLINI, "Il genocidio", Scritti Corsari, pp. 226-231
[7] PIER
PAOLO PASOLINI, "Il sogno del centauro", intervista a cura di J.
Duflot
mercoledì 1 aprile 2015
#9
"Avendo sentito sin dalla nascita una totale disarmonia con la realtà che mi circondava, la materia della mia ispirazione non poteva essere che quella disarmonia"
Eugenio Montale
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Foto: Alessia Zanzi |
mercoledì 25 marzo 2015
Pasolini e il Nuovo Potere- Parte 1
Negli anni che vanno dal 1963, apice del cosiddetto
"miracolo economico", e gli inizi degli anni ottanta, l'Italia è
scossa da profondi mutamenti. Questa rivoluzione vede cambiare gli italiani nel loro modo di
vivere e lavorare, consumare e produrre, pensare e sognare. L'Italia apre le
porte al Neocapitalismo. In questo clima Pasolini parla di un vero e proprio
Nuovo Potere, un nuovo fascismo, ai più invisibile, nascosto tra le pieghe di
un repentino e da tutti auspicato benessere.
Il Nuovo Potere di Pasolini è anch'esso un totalitarismo, come
il vecchio potere clerico-fascista che lui ha ben conosciuto sotto Mussolini,
ma l'autore non identifica questo potere solo dal punto di vista politico. È
invece qualcosa che investe sopratutto il lato economico e sociale della
società. Al contrario del vecchio fascismo, che aveva la faccia di un dittatore
preciso, Mussolini, questo è un potere senza volto. «Scrivo "Potere" con la P maiuscola[...] solo perché
sinceramente non so in cosa consista questo nuovo Potere o chi lo rappresenti»[1]. È un potere da mille
volti, uno dei quali viene rappresentato dall'autore in Petrolio attraverso il personaggio di Troya, ovvero il Cefis a capo
dell'Eni dopo la morte di Mattei[2].
Il Nuovo Potere risiede infatti nella «totalizzazione stessa dei modelli industriali: come dire una sorta di
conquista globale della mentalità tramite l'ossessione di produrre, di
consumare, e vivere di conseguenza».[3]
Le sue caratteristiche sono l'abbandono del vecchio
clelicarismo, la borghesizzazione forzata di contadini e sottoproletari, la
scelta di attuare fino in fondo lo Sviluppo, trascurando però il Progresso.
Distingue bene, Pasolini, questo rapporto senza equilibrio nei suoi scritti:
coloro che spingono lo Sviluppo( questo
Sviluppo in particolare, precisa, non lo sviluppo in generale) sono gli
industriali, ovvero coloro che producono, la destra economica e non ideologica;
gli operai, i contadini, gli intellettuali di sinistra vogliono invece il
Progresso. Mentre lo Sviluppo produce beni superflui, il Progresso vorrebbe
produrre solo beni necessari. «Il
"progresso" è dunque una nozione ideale(sociale e politica: là dove
lo "sviluppo" è un fatto pragmatico ed economico»[4]. Lo Sviluppo si è formato
nel contesto dell'industrializzazione borghese.«Ma l'idea del possesso e della conservazione, su cui si fonda la
condanna della borghesia, non sono una caratteristica del vecchio mondo
padronale? Mentre il nuovo mondo non si cura tanto di possedere e di
conservare quanto di produrre e di consumare? »[5], si chiede l'autore.
Le conseguenze di questa
particolare dissociazione tra Sviluppo e Progresso sono drammatiche. La civiltà
dei consumi ha fatto sì che avvenisse una vera e propria mutazione antropologica. La perdita di valori, quali l'amicizia, la
dignità, l'onore, la virilità, la fiducia, ha toccato la società ( e i giovani,
sopratutto) nel proprio modo di essere. Basta guardare, dice Pasolini. Sul
Corriere della sera pubblica un articolo[6] dove dichiara che il
fascismo non è più il fascismo tradizionale. I giovani chiamati "fascisti"
sono culturalmente, psicologicamente, somaticamente, identici ai loro coetanei.
L'omologazione culturale ha fatto sì che sparissero le differenze tra popolo e
borghesia, operai e sottoproletari. L'imitazione, il conformismo, genera dei
veri e propri mostri. Il conformismo è proprio uno dei punti critici del
pensiero pasoliniano sul Nuovo Potere.
Nel suo romanzo postumo, Petrolio,
questo è particolarmente evidente nella Visione del Merda.[7] Ogni paragrafo della
Visione rappresenta un mutamento sociale in atto, che si identifica nel Modello
chiuso dentro al tabernacolo all'interno di veri e propri gironi infernali. Il
Merda e la sua fidanzata , Cinzia, viaggiano attraverso le strade della capitale,
abbracciati, in silenzio perché «tra loro
tutto è stato detto, e per quanto riguarda gli altri, la loro presenza basta a dire
tutto»[8]. In rilevo qui la mimesi
dei giovani nel vestire o nel pettinarsi ( tema già affrontato sul Corriere
della sera con "Contro i capelli lunghi"[9]). Il Nuovo Potere manipola
i corpi, afferma, come Himmler o Hitler, ma nel modo peggiore: trasformandone
la coscienza, istituendo i valori del consumo che sono falsi e alienanti. Questa
mimesi risulta però goffa e, sopratutto, nevrotizzante perché il giovane non
riesce a realizzare i modelli imposti. Il problema della nervosi si ripercuote
poi su tutto.
Questo nuovo fascismo, quindi, impone dall'alto, e tutto ciò che
viene imposto dall'alto è più forte di ciò che viene dal basso. Impone i
modelli, la cultura. E, paradossalmente, anche la tolleranza. Ma è una falsa tolleranza, che in un certo senso
viene venduta alla società dei consumi. È un permissivismo concesso dall'alto e
quindi revocabile a comodo. Questo è ben evidente nel contestato articolo
sull'aborto che vide molte femministe sul
piede di guerra. L'articolo[10] parla proprio di «una libertà sessuale "regalata"
dal potere» che dà come risultato «una
vera e propria generale nevrosi». Il Merda e la sua ragazza, in Petrolio,
sono i simboli di questa coppia eterosessuale a cui vengono concessi molti più
diritti che in passato, anche al di fuori della convenzione matrimoniale. Ma «tale coppia», scrive Pasolini, «viene
presentata come un modello ossessivamente obbligatorio, esattamente alla
stregua, per esempio, della coppia consumatore-automobile»[11]. Il mostro consumistico è
un mostro bifronte,creato dal binomio Ragione-Pragma. È una la divinità della borghesia,
una divinità che impone dall'alto e esclude le minoranze(tra cui anche gli
omosessuali) dalla grande e nevrotica abbuffata.
La corsa ai beni superflui, una novità in una storia italiana fatta di
pane e miseria, ha portato alla corruzione, alla «selvaggia distruzione di valori», al «deterioramento antropologico, ecologico, civile»[12]. La democratizzazione derivante
da questo esteso consumo dei beni, prosegue, ha portato all'appiattimento
generale.
[1] PIER
PAOLO PASOLINI; "Il potere senza volto", Corriere della sera, 1974.
Ora in Scritti corsari con il titolo "Il vero fascismo e quindi il vero
antifascismo", pp. 45-50
[2] PIER
PAOLO PASOLINI; "Petrolio", pp. 103-117
[3] PIER
PAOLO PASOLINI; "Il sogno del centauro", intervista a cura di
J.Duflot, p. 152
[4] PIER
PAOLO PASOLINI, "Sviluppo e progresso", Scritti corsari, pp. 175-178
[5] PIER
PAOLO PASOLINI, Teorema, p.195
[6] PIER
PAOLO PASOLINI; "Gli italiani non sono più quelli", Corriere della
sera. Ora in Scritti corsari con il titolo "Studio sulla rivoluzione
antropologica in Italia", pp. 39-44
[7] PIER
PAOLO PASOLINI, "Petrolio", pp. 344-414
[8] Ibid.
[9] PIER
PAOLO PASOLINI. Ora in Scritti corsari con il titolo " Il «Discorso» dei
capelli", pp. 5-11
[10] PIER
PAOLO PASOLINI; "Sono contro l'aborto", Corriere della sera, 1975.
Ora in Scritti corsari con il titolo"Il coito, l'aborto, la falsa
tolleranza del potere, il conformismo dei progressisti"
[11] PIER
PAOLO PASOLINI, "Il carcere e la fraternità dell'amore omosessuale",
Il Mondo. Ora in Scritti corsari, pp. 197-202
giovedì 5 marzo 2015
Si è addormentato il mio cuore?- Antonio Machado
Si è addormentato il mio cuore?
Alveari dei miei sogni,
state in ozio? Manca l’acqua
alla noria della mente
e le secchie giran vuote,
sono piene solo d’ombra?
No, che non dorme il mio cuore.
È ben desto il cuore, è desto.
Non dorme né sogna: è intento,
aperti gli acuti occhi,
a lontani segni ascolta
agli orli del gran silenzio.
![]() |
Foto: Alessia Zanzi |
sabato 14 febbraio 2015
Il re pallido, David Foster Wallace
"Di là dalle pianure di flanella, i grafici d’asfalto e gli orizzonti di ruggine sbilenca, e al di là dal fiume tabacco sormontato dagli alberi piangenti e monetine di sole che filtrano sull’acqua della foce, nel punto oltre il frangivento, dove i campi incolti rosolano striduli al caldo antimeridiano: sorgo, farinello, leersia, salsapariglia, cipero, stramonio, menta selvatica, soffione, setaria, uva muscadina, verza, verga aurea, edere, terrestre, acero da fiore, solano, ambrosia, avena folle, vecciua, gramigna, fagiolini spontanei invaginati, tutte teste che annuiscono dolcemente a una brezza mattutina che è la morbida mano di una madre sulla guancia."
lunedì 9 febbraio 2015
Il sale della vita :2
Mia figlia:
passare del tempo con lei,
restare senza parole di fronte al suo sorriso,
sciogliermi dentro al suo abbraccio.
Vederla crescere,
insegnarle cose nuove,
stupirmi
(sempre e ogni giorno)
dell'immensità della sua fantasia
e della semplicità dei suoi sogni.
Perdermi nel suo amore
passare del tempo con lei,
restare senza parole di fronte al suo sorriso,
sciogliermi dentro al suo abbraccio.
Vederla crescere,
insegnarle cose nuove,
stupirmi
(sempre e ogni giorno)
dell'immensità della sua fantasia
e della semplicità dei suoi sogni.
Perdermi nel suo amore
lunedì 26 gennaio 2015
Intervista a Lorenzo Oggero, autore di Seduco dunque sono!
Ho
conosciuto Lorenzo a un corso di scrittura e già dal primo istante mi sono resa
conto che era passione quella che leggevo nei suoi occhi. Passione per le
parole e per il loro giusto significato: un dono di pochi.
A
settembre dello scorso anno ha pubblicato un libro, Seduco, dunque sono!, edito da FrancoAngeli. Leggerlo è stata un'esperienza molto
interessante e da qui è arrivata la mia idea di fare questa intervista.
Ringrazio
quindi Lorenzo per la pazienza e l'entusiasmo con cui abbiamo condiviso questo
piccolo esperimento.
Lorenzo
Oggero è consulente
e docente di management nella'era delle risorse umane. Socio di Ariele,
l'Associazione Italiana di Psicoanalisi, è autore di numerosi articoli e libri.
Direi
di iniziare con la domanda che il lettore si pone appena prende in mano il tuo
libro: perché Seducenza e non Seduzione?
Seducenza è una parola di derivazione francese. È sì
l'atto della seduzione, ma concepita in modo diverso dal solito, in modo più
ampio. Con Seducenza ci allontaniamo dalla componente cattolica della parola e
quindi non ci limitiamo alla dimensione erotico-sessuale. Cerchiamo invece un
modo possibile per eliminare il malessere relazionale. Dobbiamo imparare a
declinare il nostro essere seducenti nella quotidianità. A questo proposito io
l'ho chiamata Social -skill, ovvero una capacità del vivere sociale.
Quindi,
in un certo senso, questo libro ha un rapporto con la società in cui viviamo...
Questo è ovvio. La modernità è liquida, come dice
Bauman. Soffriamo della vischiosità dei vincoli e in tutto questo si situa
l'importanza di disporre di una buona rete di relazioni. È un modo per sentirci
più sicuri. E in quanto Skill, la
Seducenza può essere appresa(e migliorata).
In
che relazione metteresti il corpo con la mente durante l'atto della Seducenza?
La Seducenza è situazionale, non esiste una
priorità. Quindi certe volte a prevalere è la mente, altre volte il corpo,
fermo restando che in ogni caso il corpo è uno strumento di comunicazione molto
forte, quindi indispensabile.
Veniamo
al mio capitolo preferito, quello sulle aspettative. Perché consigli di
separarsene? Ma sopratutto, come si può farlo?
Aspettare, dal latino expectare, guardare, significa
stare con l'animo e la mente rivolti verso il futuro. Quindi le aspettative si
pongono come un guardare all'Altro auspicando che si comporti come io desidero
e auspico. Come affermo nel libro questo significa mettere il suo futuro in
galera. C'è una componente di dominio che non può portare ad altro che
all'infelicità sia di chi nutre le aspettative sia di chi le subisce. Ecco
perché è necessario liberarsene. Come possiamo farlo? Con l'etero-centratura.
Questo significa uscire da se stessi e comprendere l'altro. È una cosa che si
può apprendere imparando ad ascoltare gli altri, osservandoli e
decodificandoli, in definitiva. È un lavoro che richiede impegno e esercizio
costante.
Per
scrivere il libro hai scelto un linguaggio molto leggero, ironico. Quanto la
leggerezza aiuta la Seducenza?
La leggerezza, quella che Calvino ci raccomanda
nelle sue Lezioni americane, è indispensabile. La leggerezza è un valore e non
un difetto. È il sollevarsi dalla pesantezza del mondo. Tra gli esempi di
anti-seduzione alla fine del libro nomino proprio colore che non sanno cos'è la
leggerezza. Questo perché essere leggeri è come salire su un elicottero e
mettersi a osservare i propri problemi
dall'alto. Il mio linguaggio, qui, rispecchia la leggerezza della proposta.
Poni
una domanda all'inizio del libro: Sei soddisfatto della tua capacità seduttiva?
Tra i quadranti della matrice che proponi per leggersi in rapporto alla Seducenza
appare anche l'Alieno, cioè colui che è disinteressato a sedurre.
Consiglieresti comunque il tuo libro a questa categoria di persone e perché?
La prima cosa da prendere in considerazione è che il
mondo non sta mai fermo. Ed è quindi impossibile rimanere fermi in un mondo in
movimento. È importante definire rispetto a che cosa una persona può essere
soddisfatta della propria capacità seduttiva. È difficile rimanere sempre nello
stesso stato ed è invece legittimo modificare. È importante precisare che la
matrice va letta nel tempo.
Nel
tuo libro parli, appunto, anche del tempo...
Bisogna innanzitutto distinguere tra Kairos e
Chronos. Il Kairos è il momento giusto. Nell'antica Grecia è il momento di Dio.
Mentre il Chronos è il tempo logico e sequenziale, il Kairos è il momento in
cui accade qualcosa di speciale ed è qualitativo. Questo significa che non tutti
i momenti sono uguali. Le persone, diceva Hillman, sono come libri: bisogna
imparare a leggerli (etero-centrandoci) . Il tempismo si rivela un aspetto
molto importante, quindi. Liberiamoci dalla foga e impariamo a evitare
l'assalto delle parole con l'Altro.
Secondo
te quanta autostima occorre per la Seducenza?
La Seducenza è un processo circolare. Bisogna
imparare a produrre desiderabilità nell'altro. Non c'è un prima o un dopo, ma
una circolarità. Bisogna guardarsi: a una certa età ognuno ha la responsabilità
della propria faccia. E bisogna imparare a capire che ognuno di noi è un pezzo
unico. Un occhio che invece guarda dentro mentre l'altro guarda fuori significa
inseducibilità.
Parliamo
infine del cono della potenza seduttiva...
Di fronte alla Seducenza ci possiamo porre con
diversi atteggiamenti psicologici. Prenderne coscienza significa non cadere
nello stato psicologico dell'Impotenza, vale a dire ripetersi di non essere in
grado di sedurre nessuno; significa non salire verso l'Onnipotenza,
dimenticando la realtà e illudendosi di poter raggiungere qualsiasi obiettivo;
significa porsi invece in uno stato di
Potenza, dove gli obiettivi sono realistici e si fa i conti con la realtà. Il
seduttore, quindi, agisce nella propria area di Seducenza, cioè si concentra su
ciò che è alla sua portata (non illudiamoci di poter sedurre Natalie Portman!)
, prepara il terreno per la decisione che l'Altro prenderà nei suoi
confronti.
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